Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Continuano e se possibile aumentano, nel nostro confuso e sofferente Paese come nella nostra provincia, le difficoltà e le incertezze per quanto riguarda la scuola pubblica e il suo ruolo irrinunciabile non solo per l’istruzione e la cultura dei nostri bambini e giovani, ma anche per quanto attiene alla formazione delle coscienze e dello status di cittadini. I tagli agli organici avvenuto negli ultimi tre anni sono stati considerati illegittimi dal Consiglio di Stato: 150 mila posti di lavoro e 8 miliardi di euro sottratti alla scuola dal precedente governo Berlusconi. Purtroppo l’intento, ormai chiaro, di minare le fondamenta costituzionali, i principi di uguaglianza e di solidarietà che stanno alla base della nostra democrazia, continua il suo corso. Ancora una volta la scuola e i suoi lavoratori sono stati chiamati a pagare un prezzo altissimo al cosiddetto «risanamento economico» che per molti ha significato e significherà ulteriori mortificazioni e sacrifici. Bisogna «fare cassa» subito e colpire lì dove si è sempre colpito: operai, lavoratori dipendenti, insegnanti, personale Ata, studenti, disabili, immigrati. Anche nelle nostre scuole, pur di qualità, assistiamo ormai da qualche anno a problematiche che si fanno sempre più importanti e che riguardano una scarsa valorizzazione del personale e delle sue competenze, la netta diminuzione, quando non la scomparsa, di compresenze e codocenze, la frammentazione dell’orario di lavoro, le esternalizzazioni del tempo mensa e dell’interscuola. Anche in Trentino il risparmio previsto per la scuola pubblica è stato di 10 milioni di euro a fronte dei 12 milioni di finanziamento previsti per le scuole private. È evidente che si potrebbe fare di più e meglio. In carico agli insegnanti sempre più provati e demotivati, ai dirigenti scolastici a cui spetta di far quadrare il cerchio e alle singole scuole stanno tante richieste e tante risposte, sempre più difficili da fornire: sul tempo scuola, sull’organizzazione dei laboratori, sulle effettive risorse da mettere in campo per produrre qualità, sull’impegno finanziario da dedicare ai «bisogni educativi speciali», alle fasce di disagio e all’handicap, alle attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, ai «nuovi cittadini». Problemi e sollecitazioni che vanno nella direzione di una scuola pubblica di tutti e per tutti. Domande legittime che rischiano di trovare, nel migliore dei casi, soluzioni semplicistiche, frammentarie e disorganiche in assenza di adeguate politiche e di indispensabili, quanto doverosi, finanziamenti. A ciò si è aggiunta recentemente l’esplosione, pacifica ma molto accesa e convinta, del dissenso contro la proposta, poi rientrata, di aumentare l’orario di lavoro degli insegnanti: sulla base di antichi pregiudizi che ancora la fanno da padrone (gli insegnanti sono dei privilegiati) e in spregio del tanto lavoro sommerso, non retribuito e men che meno considerato. A ciascun insegnante toccano infatti mansioni plurime, obbligate e indispensabili, che non rientrano nell’orario di lavoro ma attengono alla funzione docente: la preparazione quotidiana del lavoro in classe, la stesura di piani di lavoro, programmi e verifiche, la correzione dei compiti, la formazione permanente, l’aggiornamento, le infinite riunioni previste dagli organi collegiali, i rapporti con le famiglie, le udienze individuali e le assemblee. La burocratizzazione degli atti amministrativi. Questa ultima trovata del consiglio dei ministri, che naturalmente non avrebbe comportato aumenti di stipendio (gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati in Europa), sarebbe costata la perdita di circa venticinquemila cattedre, più altre 4.000 se si fosse intervenuti anche sugli insegnanti di sostegno. Nel frattempo si investe in innovazione tecnologica, in Trentino c’è una lavagna elettronica in ogni classe (ma siamo proprio sicuri che siano così necessarie?), piazzata nel bel mezzo della parete, mentre la lavagna vera, quella dove i bambini imparano tuttora a leggere, scrivere e far di conto, è collocata dilato, ormai messa fuori gioco dai congegni che informano la loro vita, digitalizzata a ogni ora del giorno: dai Pc agli iPad, ai cellulari sempre più sofisticati, alla televisione. E ora si parla persino di introdurre i registri e la valutazione elettronica, tanto per togliere quel po’ di originalità che ancora ci regala l’uso di una penna, di una matita o di una gomma, le relazioni umane, con gli altri e col proprio lavoro, ormai sempre più estraniante, omologato ed eterodiretto. Lucia Coppola
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LUCIA COPPOLA |
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